Oggi ti presento Carlotta expat in Francia dal 2008 e autrice del blog Piccole Avventure di Famiglia. Nel 2018 scopre che sarebbe diventata mamma e così compra una guida turistica su “come viaggiare con i propri figli” perchè desidera far scoprire il mondo a suo figlio come i suoi genitori hanno fatto con lei. Com’è vivere in Francia? Ce lo racconta in questa intervista.
Tanti gli italiani sparsi per il mondo, continuiamo a scoprire le loro avventure con questa rubrica dedicata alle “storie di vita on the road”. Com’è trasferirsi all’estero? Quali sono i passi da fare? È difficile vivere in un luogo che inizialmente non conosciamo come la nostra terra? Hai già letto la storia di Laura?
Ciao Carlotta raccontaci in breve chi sei, per farti conoscere dai nostri lettori
Ciao Alessandra, sono una neotravelblogger, nonché mamma di un bimbo di diciannove mesi. Viaggio da sempre, i miei genitori mi hanno trasmesso questa passione. Il primo viaggio l’ho fatto a sei mesi di vita, l’ultimo un mese fà. Mio figlio in 19 mesi di vita è stato in sei paesi.
Da che regione Italiana vieni?
Dalla Sicilia
Come andavano le cose in Italia prima di partire?
Non malissimo, ho maturato la decisione di partire nel 2007.
Cosa ti ha spinto a partire?
Volevo fare un’esperienza di studio all’estero e mio padre mi disse: perché fare un erasmus quando potresti proprio studiare all’estero? Così, seguendo quello che è diventato il mio soggetto di ricerca durante i miei studi accademici, ho scelto la Francia.
Mi sono occupata di ricerca teatrale per diversi anni e le compagnie su cui lavoravo erano francesi, così come molte pubblicazioni. In un certo senso, il passo è stato breve.

Come sei approdata in Francia?
Sono approdata a Lione perché l’università Lyon2 ha accettato la mia candidatura per la laurea specialistica. Nel 2008 su 45 studenti, gli stranieri erano quattro. Credo che oggi siano molti di più. Quest’idea di frequentare l’Università all’estero, specialmente in contesti come quello francese, in cui le tasse universitarie sono basse, si stia diffondendo molto.
Quando hai lasciato l’Italia avevi già un lavoro o sei partita all’avanscoperta?
Avevo un progetto universitario. Volevo completare gli studi. All’inizio pensavo di rimanere solo due anni e di rientrare in Italia, poi ho iniziato a contemplare l’idea di un dottorato di ricerca e la prospettiva di restare su lungo termine, si è un pò imposta in modo del tutto naturale.
Come ti sei organizzata? Conoscevi qualcuno? Raccontaci il pre-partenza e come ti sei mossa appena arrivata.
Non conoscevo nessuno e questo da una parte mi esaltava, dall’altra mi terrorizzava. Ho fatto tantissime ricerche prima di partire. Avevo anche trovato casa dall’Italia (impresa quasi impossibile).
Ho cercato di contattare, chiedendo agli amici, persone francesi perché mi spiegassero un pò verso quale genere di burocrazia andassi incontro: sapevo, per esempio, dell’esistenza di sussidi per l’affitto rivolti a studenti o a persone con reddito minimo.
Ho contattato anche l’Institut Culturel Français della mia città e loro non solo mi hanno permesso di ottenere delle traduzioni giurate dei miei diplomi, ma mi hanno dato anche molte dritte.
Parlavi la lingua? Come hai fatto senza aiuti?
Si, avevo un livello medio di francese. L’università mi obbligava a presentare una certificazione linguistica in quanto studentessa straniera (ottenuta per completare l’iscrizione). Per il resto mi sono rimboccata le maniche e ho chiesto a chiunque informazioni.
Ma ricordo benissimo i primi mesi, quando la gente pensava di facilitarmi la vita parlandomi in spagnolo (molti francesi non distinguono l’accento italiano da quello spagnolo). Oggi ne sorrido.

Cosa hai fatto nei primi mesi per integrarti?
Sicuramente frequentare i corsi all’università mi ha aiutata un pò. Anche se ammetto che gli studenti francesi sono un po’ diffidenti. Hanno iniziato a parlarmi dopo un mesetto, complici gli spettacoli a teatro che dovevamo vedere per produrre le nostre ricerche. Per sopperire a questo gelo iniziale, ho iniziato ad accettare ogni invito ad uscire da parte delle persone che via via conoscevo, per lo più straniere.
E’ stato così che una domenica facendo una passeggiata con due ragazze italiane del mio studentato, ho conosciuto una delle mie più care amiche. Rotto il ghiaccio, i compagni di università sono diventati degli amici e via via la mia rete di contatti è aumentata.
Come hai cercato di far diventare una nuova nazione la tua casa? Raccontaci qualche piccolo gesto di ogni giorno, che ha costruito la tua vita …
Penso che una parte del processo d’integrazione passi dal cibo. Noi italiani, a detta degli stranieri, abbiamo un’ossessione per il cibo. Negli anni mi sono accorta quanto fosse vero. Personalmente, ho smesso d’intestardirmi sulla ricerca del caffé perfetto, accettando di bere caffé sempre più lunghi.
Ho accettato sapori diversi, mangiando l’insalata come antipasto, per esempio o accontendandomi delle verdure a disposizione, senza rimpiangere la grande varietà locale che trovavo in Italia. In parallelo, ho abbassato il tono della voce, accordandolo a quello francese (questo mi è stato fatto notare dalla mia famiglia). Ho smussato gli angoli della mia italianità per lasciare che le abitudini francesi si mescolassero.
Dopo quanto tempo non ti sei più sentita un’ospite?
Dopo un anno, quando ho iniziato a realizzare che non volevo più rientrare in Italia. Vedevo gli studenti erasmus andare e venire, mentre io progettavo di cambiare casa e stringevo amicizia con persone stabili come me.
Anche se ricordo un altro evento che mi ha spinta a riflettere sulla mia integrazione: la prima volta in cui mi sono accorta di non riuscire più ad astrarmi dalla realtà, perché ovunque fossi capivo talmente bene quello che la gente attorno a me dicesse da non riuscire a non ascoltare.

Hai avuto paura prima di partire? Non esserci e lasciare quello che ti era familiare è stata dura?
Si, ho avuto molta paura. Ero giovane, venivo da un lungo periodo trascorso a Milano, sapevo già cosa significasse separarsi da famiglia e amici. Ma avevo anche una forte voglia di cambiamento, volevo confrontarmi con me stessa, con la mia determinazione e i miei limiti.
E questa posizione “difficile” è stata un’ottima occasione per farlo! Eppure, il momento in cui ho avuto più paura è stato il trasloco da Lione (dove ero integrata molto bene) a Parigi per via delle mie ricerche universitarie.
Cosa ti piace del luogo in cui vivi?
Adoro la scelta culturale che offre Parigi, i parchi in cui poter bivaccare in estate, la possibilità di vedere spettacoli o concerti di grandi artisti e i collegamenti, ma anche la possibilità di viaggiare sedendosi a tavola.
Ci sono ristoranti che propongono cucina d’ogni angolo del mondo (o quasi). Che si viaggi in treno, autobus, auto o aereo da Parigi si arriva praticamente ovunque.
C’è qualcosa che non riesci proprio a capire della cultura in cui vivi? Che stona per te?
Il cappucino dopo pranzo. Gli stereotipi sugli italiani della serie: la gente del sud si veste male, quella del nord è chic. E la pasta come contorno. Poi c’è il grigiore parigino, il tempo, l’inquinamento, la pioggia, le grosse nevicate che bloccano tutto.

Torneresti mai in Italia?
Non credo. La nascita di mio figlio ha modificato ogni mia percezione dell’Italia e della mia vita precedente, ormai troppo lontana. Dopo undici anni mi sento a casa in Francia, penso che mi mancherebbero troppo le mie abitudini quotidiane e lo switch continuo tra una lingua e l’altra.
Cosa fai adesso e quali sono i tuoi sogni per il futuro?
Adesso mi occupo di comunicazione, sono la mamma di un bimbo che sta crescendo tra le due culture e penso di rimanere a Parigi ancora per qualche anno. In futuro spero di riuscire a pubblicare il mio primo romanzo per bambini.
Ed in parallelo, vorrei che il mio blog diventasse un vero e proprio lavoro. Poi, chissà, magari un giorno abbandoneremo il grigiore di Parigi per trasferirci nel sud della Francia.
Un tuo suggerimento mirato a chi sta valutando l’idea di trasferirsi all’estero: cosa serve assolutamente per decidere di partire?
Imparare la lingua prima di partire è fondamentale. Iscriversi sulle pagine facebook degli italiani nella città scelta puo’ essere una buona strategia per avere informazioni pratiche. Internet è una grandissima risorsa, oggi è possibile raccogliere moltissime informazioni che possono letteralmente migliorare il proprio arrivo in terra straniera.
Per trasferirsi oggi occorre avere un minimo di budget perché la vita a Parigi è molto cara. La difficoltà più grande è trovare casa (e gli affitti hanno prezzi spaventosi!)quindi perché questo passo non sia un fallimento, occorre essere molto motivati, determinati e pazienti!
Ognuno ha la sua storia e nessuno può indossare le scarpe di un’altra persona e non possiamo giudicare le scelte altri! Non dimenticarlo.
Seguici sui nostri canali social: Instagram, Facebook, Pinterest e Trip Advisor – ti aspettiamo! Se i nostri contenuti ti sono stati utili, puoi offrirci un caffè su Ko-fi e sostenere il nostro blog
Tutte le foto compresa quella di copertina sono di Carlotta.
4 comments
L’intervista l’ho letta tutta d’un fiato perché autentica, sincera, diretta. Mi ha colpito quando la protagonista capisce che le parole, tutte, le arrivano chiare e comprensibili perché penso che la lingua sia la risorsa più grande ma anche l’ostacolo più duro nella vita in generale, all’estero in particolare. Bello anche il passaggio in cui racconta del papà e dei suoi consigli: avere una mente aperta e infondere il giusto incoraggiamento da parte di un genitore sono doni mai scontati. Buona fortuna Carlotta…la tua Francia mi è piaciuta tanto ❤
Sai che una mia amica mi ha detto qualche anno fa, che ha capito che si stava veramente integrando nel suo nuovo paese, quando finalmente aveva iniziato a sognare in inglese? Credo anche io che la lingua possa essere la risorsa più grande o un forte ostacolo che ci inibisce al partire 🙂
Che bella storia di vita, Parigi è una città che porto bel cuore e non nascondo di aver pensato più di una volta a questa città come destinazione da expat ma credo sia stato il fattore grande città a spaventarmi un po’.
Sai che l’idea di trasferirimi in una grande città, spaventa e allo stesso tempo affascina anche me? Parigi è una di quelle capitali che sarebbero anche nella mia lista dei desideri! Stupenda