Ti presento la nuova“storia di vita on the road” quella di Grazia expat in Belgio e autrice del blog Tripti. Conosciamo gli italiani all’estero, cosa significa essere immigrato e la ragione che ci spinge a lasciare la nostra terra d’origine.
Ciao Grazia raccontaci in breve chi sei, per farti conoscere dai nostri lettori
Salve a tutti i lettori di 50 Sfumature di viaggio, mi chiamo Grazia, ho 28 anni, appassionata di lettura, sport e culture differenti. La mia vita mi ha portato a vivere esperienze in diverse parti del mondo, mi ritengo molto fortunata, ma ho ancora tanto da scoprire!
Da che regione Italiana vieni?
Sono pugliese, precisamente di un paesino del Gargano, nel quale lascio sempre un pezzettino di cuore ogni volta che parto.
Come andavano le cose in Italia prima di partire?
Non benissimo. Trovare lavoro nel mio ambito (relazioni internazionali) non è semplice, ma anche negli altri campi non c’erano molte possibilità. Nonostante le mie qualifiche non venivo presa minimamente in considerazione e ho passato molto tempo a cercare di capire per quale motivo.
Tutt’ora l’unica spiegazione che sono riuscita a darmi è che oltre alla preparazione serve anche molta fortuna.
Cosa ti ha spinto a partire?
A causa di un piccolo problemino di salute ero stata costretta a fermarmi un pò e ritornare a casa dei miei genitori, nel mio paesino. Col tempo ho notato di essermi adattata a una vita che avevo lasciato molto tempo prima e mi sentivo come se tutto ciò che avessi fatto dalla maturità fino a quel momento si trattasse solo di un vago ricordo.
Da un lato avevo capito di non riuscire ad esprimere al massimo il mio potenziale restando in un paese dalle opportunità limitate, dall’altro avevo bisogno di ricreare l’indipendenza perduta. Mi mancava perfino farmi la lavatrice da sola! Ho deciso quindi di scegliere una città dalla quale cominciare a tentare di costruirmi un futuro.

Come sei approdata in Belgio?
Ho preso questa decisione e acquistato un biglietto di sola andata nel giro di due giorni. L’idea mi è sempre frullata per la testa, essendo Bruxelles la meta ideale per chi ha il mio background, ma l’ho sempre considerata un piano B ma, all’improvviso è diventato il mio piano A.
Quando hai lasciato l’Italia avevi già un lavoro o sei partita all’avanscoperta?
Nessun lavoro, ma tantissime application fatte online. Date le esperienze precedenti, ci speravo poco.
Come ti sei organizzata? Conoscevi qualcuno? Raccontaci il pre-partenza e come ti sei mossa appena arrivata.
Ho alcuni amici sparsi per il Belgio. Gran parte dei miei compagni di corso della triennale ha lavorato almeno temporaneamente a Bruxelles o Bruges. Sapere di avere dei punti di riferimento mi ha aiutato a prendere questa decisione improvvisa con più tranquillità e ha di sicuro influenzato anche la scelta della destinazione.
Ho preparato una valigia con lo stretto necessario e lasciato un’altra pronta a casa da farmi spedire non appena sistemata. Sui gruppi facebook ho svolto una ricerca intensiva, per la trovare un appartamento e alla fine ce l’ho fatta.
Ho trovato uno stage per aiutarmi i primi mesi sia ad integrarmi che a immettermi nel mondo del lavoro in questa zona specifica e un appartamento temporaneo per cercare con più calma una sistemazione più adatta a me.
Parlavi la lingua? Come hai fatto senza aiuti?
Ho studiato francese a scuola. Ai tempi avevo una certa padronanza della lingua, che poi è stata soppiantata dall’inglese, usato regolarmente da anni, e che ormai per me è come l’italiano. Riprendere la fluidità nella conversazione è difficile, avendo studiato diverse lingue e non praticando il francese da un po’, faccio spesso confusione.
Ma sono qui da tre settimane e ho notato dei netti miglioramenti rispetto al primo giorno. Il mio consiglio è di lanciarsi sempre e cercare di comunicare in qualsiasi maniera, senza aver paura di sbagliare. In ogni caso, Bruxelles è una città internazionale e con l’inglese si riesce a far più o meno tutto.
Sono abituata a fare tutto da sola e ho vissuto in diverse città in Italia e nel mondo. Qui molte cose sono diverse, ma ormai non mi spaventa più trovarmi al di fuori della mia comfort zone. In caso di difficoltà ho comunque degli amici che mi possono aiutare e anche i miei colleghi di lavoro, persone gentilissime e disponibili.

Cosa hai fatto nei primi mesi per integrarti?
Sfruttare ogni evento per fare conoscenza. A volte dopo lavoro vorrei tornare a casa per riposarmi, ma mi sto sforzando di partecipare ad eventi in cui si può socializzare perché all’inizio è importante per riuscire ad ambientarsi meglio.
Il mio consiglio è di cercare eventi Afterwork, nati appositamente per mettere in contatto expats oppure di cercare gruppi facebook per expats o per tandem linguistici. Insomma sfruttare la rete e qualsiasi occasione ci capiti a tiro. Bisogna lasciare timidezza e pigrizia a casa per un po’, almeno i primi tempi.
Come hai cercato di far diventare una nuova nazione la tua casa? Raccontaci qualche piccolo gesto di ogni giorno, che ha costruito la tua vita …
Avendo alle spalle decine di traslochi, ho imparato a minimizzare all’estremo ciò che mi porto dietro e a non aver bisogno di qualcosa di materiale per sentirmi a casa. Una cosa che però mi fa sentire di vivere un luogo è la cucina.
Quando si è di passaggio di solito non si fanno grandi spese al supermercato, non si acquistano prodotti che richiedono lunghi tempi di consumazione (come ad esempio olio o caffè). Comincio a sentirmi a casa quando riempio la dispensa e il frigorifero e riprendo il mio ritmo abituale in cucina.
Dopo quanto tempo non ti sei più sentita un’ospite?
Stranamente qui è successo quasi subito. Sarà che non è la prima volta che ho lasciato l’Italia, sarà che non sono dall’altra parte del mondo, sarà che qui è pieno di connazionali (davvero, ce ne sono più che in Italia), però mi sono adattata subito e, nonostante prima di partire mi sono detta che avrei continuato a cercare lavoro ovunque, penso di voler restare qui per un po’.
Hai avuto paura prima di partire? Non esserci e lasciare quello che ti era familiare è stata dura?
Sinceramente no. Ovviamente non è che l’idea di non avere ancora una casa e un impiego mi entusiasmava così tanto, però desideravo così tanto cambiare la mia vita, che le preoccupazioni sono passate in secondo piano.
Cosa ti piace del luogo in cui vivi?
Sicuramente il carattere internazionale della città. Un posto in cui non solo incontri persone da tutto il mondo, ma che traspira multiculturalità da ogni poro. E poi è pienissima di eventi: non ci si annoia mai.
C’è qualcosa che non riesci proprio a capire della cultura in cui vivi? Che stona per te?
È ancora presto per essermi fatta un’idea della cultura. Ho notato però che il customer service qui non è dei migliori. E non sono l’unica a pensarla così.
Cosa fai adesso e quali sono i tuoi sogni per il futuro?
Per il momento sto facendo un tirocinio in comunicazione, che mi piace tantissimo. Io sogno sempre di poter lavorare per una grande organizzazione internazionale che faccia cooperazione allo sviluppo, o nelle istituzioni europee, ma coltivo anche degli interessi paralleli, in modo da avere delle alternative nel caso il mio percorso dovesse essere costretto a subire delle variazioni.
Un tuo suggerimento mirato a chi sta valutando l’idea di trasferirsi all’estero: cosa serve assolutamente per decidere di partire?
Credo che più di tutto serva tanta consapevolezza. Bisogna essere consapevoli della decisione che si sta per prendere, di ciò che si lascia e di ciò che si potrebbe (non) trovare. Consapevoli di se stessi, dei propri limiti e dei propri punti di forza. Ma soprattutto consapevoli che all’estero non si può e non si deve cercare l’Italia ad ogni costo.
Frequentare solo persone italiane, comprare solo prodotti italiani, all’inizio può essere una fonte di sicurezza, ma a lungo andare ostacola il processo di integrazione. E senza una buona integrazione, non si è mai pienamente felici, non ci si sentirà mai a casa.
Va benissimo mettere la moka in valigia, ma date una possibilità alla cultura che vi ospita di farsi conoscere e apprezzare. Ci sono tante cose dell’Italia che non troverete mai all’estero… Ma anche tante cose estere che in Italia vi sognerete 😉
Torneresti mai in Italia?
Certo che ci tornerei! Fino a qualche anno fa non lo avrei mai detto. Quando si è più piccoli si è presi dall’entusiasmo di voler divorare il mondo che ci circonda. Dopo aver scritto la parola casa in diverse lingue, ho capito che il nostro Paese non è un brutto posto in cui vivere, anzi. Roma, resta il mio più grande amore, chissà un giorno…
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NB. Tutte le foto sono di Grazia.
2 comments
Grazie mille ancora Ale, è stato un piacere!
Il piacere è stato nostro! È sempre stimolante confrontarci con altre storie ed esperienze di vita diverse dalle nostre 🙂