Oggi ti presento Rossana expat in Belgio e autrice del blog That Lady from Europe. Nel suo blog si presenta come “Mantengo alta l’ansia di una mamma che mi voleva con un contratto a tempo indeterminato vicino a casa e sono zia a distanza di due meraviglie. Viaggio, leggo, bevo caffè, faccio foto e ogni tanto le pubblico“.
Tanti italiani nel mondo, come Anna che orami vive in Australia; scopriamoli con questa rubrica dedicata alle “storie di vita on the road”: interviste agli italiani che vivono in terra straniera.
Cosa ci spinge a lasciare la nostra terra d’origine per cercare una nuova casa in un’altra nazione? Sbarcare in una terra straniera e iniziare, col tempo a chiamarla casa.

Ciao Rossana, raccontaci in breve chi sei, per farti conoscere dai nostri lettori
Sono Rossana, ho già passato il mezzo del cammin di nostra vita e vivo all’estero dal 2010. Sono laureata e lavoro per produzioni cinematografiche. Ho vissuto in 10 città, 5 nazioni e ho studiato 7 lingue con scarsissimi risultati.
Sono appassionata di viaggi e di volontariato e quando le due cose hanno iniziato a combinarsi in modo regolare, ho aperto un blog per raccontare le mie esperienze.
Da che regione Italiana vieni?
Lombardia, sono originaria di Milano
Come andavano le cose in Italia prima di partire?
Un po’ stagnanti, direi. Lavorativamente parlando, ero piuttosto insoddisfatta: contratti brevi, progetti interrotti a metà lavorazione, scarsissime sicurezze… Ma ero single e libera da impegni famigliari, quindi libera di muovermi con poco preavviso, sia in Italia che all’estero.
Già in Italia, infatti, dopo la laurea mi ero spostata parecchio, cambiando lavoro e città più volte in pochi anni.
Cosa ti ha spinto a partire?
L’ennesimo progetto fallito! Lavoro in un campo che spesso lancia grandi progetti con ben poca professionalità alla base e finisce che noi lavoratori, rimaniamo a piedi da un giorno all’altro!
Nel 2010 era già la terza volta che mi succedeva in meno di 5 anni e proprio un paio di mesi prima avevo rifiutato un’offerta da uno studio inglese. Ho richiamato quest’ultimi al volo con la coda tra le gambe e mi sono trasferita all’estero.

Come sei approdata in Belgio?
Quando hai lasciato l’Italia avevi già un lavoro o sei partita all’avanscoperta? Ho lavorato in Inghilterra per 2 anni, poi mi sono spostata in Spagna per un breve periodo e infine in Belgio, dove risiedo da 6 anni abbondanti.
Dopo il lavoro in Spagna, un ex collega mi ha detto che lo studio dove stava lavorando cercava gente col mio profilo professionale. L’assunzione è stata veloce e l’idea era di rimanere in Belgio fino a fine progetto, più o meno 6-7 mesi. E invece….
Come ti sei organizzata? Conoscevi qualcuno? Raccontaci il pre-partenza e come ti sei mossa appena arrivata.
Lo studio per il quale ho lavorato inizialmente mi ha trovato un monolocale dove sistemarmi e si sono occupati loro del contratto e delle bollette, il che è stato davvero un bell’aiuto. Nelle prime settimane, come avevo dovuto fare anche in Inghilterra e Spagna, ho iniziato la trafila della residenza, conto in banca, sanità.
Ogni stato funziona in maniera diversa e capire i dettagli di tutto quello di cui si ha bisogno è sempre complesso. I colleghi stranieri come me sono sempre la miglior fonte di informazione, per queste questioni, visto che ci sono già passati!
Parlavi la lingua? Come hai fatto senza aiuti?
Mentre in Inghilterra era tutto filato liscio nonostante l’accento spesso delle città di provincia, in Spagna ho avuto qualche problema in più, ma diciamo che mi sono arrangiata alla buona. In Belgio invece è stato tutto diverso. Qui le lingue ufficiali sono 3: francese, olandese e tedesco. Ma è anche un paese piuttosto internazione, quindi l’inglese è parlato senza troppa difficoltà un pò dappertutto, tranne che in Vallonia.
Il mio francese era limitato alla lettura e all’interpretazione fantasiosa di cosa mi veniva detto; l’olandese non lo parlavo per niente e il tedesco è parlato solo dal 5% della popolazione, quindi è considerato lingua ufficiale quasi solo sulla carta. Per fortuna il mio inglese era già fluente!

Cosa hai fatto nei primi mesi per integrarti?
Quando mi sono trasferita in Belgio non pensavo di rimanere molto. Integrarmi non era certo tra le mie priorità, visto che costa sia impegno che tempo. La mia fase di integrazione vera e propria è cominciata circa un anno dopo, durante il mio secondo progetto, quando mi sono resa conto di quanto mi piacesse la mia cittadina e di quanti amici ero già riuscita a farmi, anche al di fuori dell’ambiente lavorativo.
Da lì ho cominciato a studiare l’olandese, ma 6 anni dopo ammetto di parlarlo ancora malissimo, purtroppo! Conoscere la lingua locale è fondamentale per l’integrazione, ma non è facile, specialmente ad una certa età! Imparare la cultura, le tradizioni, i modi di fare della gente, invece, viene più naturale col tempo, man mano che si partecipa alla vita quotidiana.
Come hai cercato di far diventare una nuova nazione la tua casa? Raccontaci qualche piccolo gesto di ogni giorno, che ha costruito la tua vita …
Ho lavorato in varie città del Belgio, ma ho mantenuto la residenza in un posto fisso. Sembra una stupidata ma fare la pendolare, con tutti i suoi problemi e le sue avventure giornaliere, mi ha fatto sentire molto “local”!
Inoltre frequento persone del posto che ho conosciuto anche fuori dall’ambiente lavorativo, come in palestra e in chiesa. Mi è capitato di essere invitata a eventi o feste dove ero l’unica straniera, dandomi proprio un senso di integrazione e appartenenza ad un gruppo locale.
Dopo quanto tempo non ti sei più sentita un’ospite?
È difficile dirlo. Parlo ancora in inglese con la maggior parte dei miei amici e questo a volte mi fa ancora sentire totalmente fuori posto. Ma conosco la città, la cultura, le questioni burocratiche e ho da poco fatto domanda di cittadinanza, quindi forse sono a buon punto!
Hai avuto paura prima di partire? Non esserci e lasciare quello che ti era familiare è stata dura?
È sempre un misto tra paura ed emozione. Paura di non trovarsi bene e affrontare situazioni difficili, ma anche emozione di nuovi posti, esperienze, persone e contesti tutti da scorprire.
Ad essere sincera mi pesa non essere vicino a casa più ora che 9 anni fa quanso sono partita. La famiglia di origine è rimasta in Italia e le situazioni cambiano: ora ho due nipotine che non vedo tanto spesso quanto vorrei!
Cosa ti piace del luogo in cui vivi?
Personalmente, penso che ci sia più onestà e più sicurezza che in Italia, inoltre il mio lavoro è considerato una professione seria e pagato bene. La città in cui vivo è nelle Fiandre, è piccola quanto basta per non aver bisogno di altro che una bicicletta per andare ovunque.
Ma è anche grande abbastanza per offrire tutto il necessario. In più è bellissima! Più in generale, il Belgio ha una stazione dei treni e un aeroporto internazionali che rendendo il viaggiare piuttosto semplice anche solo per un weekend!
C’è qualcosa che non riesci proprio a capire della cultura in cui vivi? Che stona per te?
I Belgi tendono un po’ alla passività, lamentandosi magari della situazione ma, non facendo granché per cambiare le cose. Non a caso ha detenuto il record di giorni senza governo per un paese occidentale: quasi 600! Io in questo sono proprio milanese!
Quando non si muove niente mi stresso fino al punto di prendere l’iniziativa, pur di creare movimento.

Cosa fai adesso e quali sono i tuoi sogni per il futuro?
Ho finito un progetto da non molto tempo e sto cercando lavoro. Nel frattempo, grazie a questo tempo libero extra, sto preparando un viaggio di volontariato in Africa che farò con il mio ragazzo tra Novembre e Dicembre. Siamo emozionatissimi!
Più a lungo termine, invece, l’idea è di lasciare il Belgio e trasferirci da qualche altra parte. Forse oltre-oceano, per provare qualcosa di nuovo per entrambi.
Un tuo suggerimento mirato a chi sta valutando l’idea di trasferirsi all’estero: cosa serve assolutamente per decidere di partire?
Ci vuole spirito di adattamento in ogni singolo dettaglio, dalla casa al mangiare, dalla lingua all’inteazione sociale, dal lavoro ai nuovi amici. Bisogna anche avere pazienza di abituarsi, di capire e di imparare.
E poi serve una grande apertura mentale. Non tanto per cambiare le nostre abitudini o i nostri pensieri, ma per accettare che saremo ospiti in casa d’altri, saremo noi “i diversi” e non certo migliori dei nativi!
Torneresti mai in Italia?
Mi sono trasferita all’estero principalmente per lavoro, quindi credo che a meno di un radicale cambiamento della situazione lavorativa italiana, non ho molta possibilità di rientrare.
Ma il lavoro non è la priorità della mia vita e se ci fossero altre cose che richiedessero la mia presenza, sicuramente tornerei. Diciamo che lascio la porta aperta e se succedesse qualcosa di interessante la attraversei senza problemi!
Ognuno ha la sua storia e nessuno può indossare le scarpe di un’altra persona e non possiamo giudicare le scelte altri! Non dimenticarlo.
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Tutte le foto di questo articolo sono di Rossana