The Italian Chapel – la cappella italiana – porta con sé una storia piena d’amore e di sperenza, che fa riflettere e emoziona ancora oggi. La suggestiva chiesetta, conosciuta come “il Miracolo del campo 60”, si trova sulla piccola e solitaria isola di Lamb Holm.
La cappella italiana, sorge su un luogo evocativo e racchiude in sè una storia meravigliosa.
Come dico sempre, le Isole Orcadi ti entrano sotto la pelle e non se ne vanno più. Sono isole selvaggie e meravigliose, una Scozia che non avrei mai immaginato: incontaminata, pura e malinconica allo stesso tempo. Queste isole estreme mi sono rimaste nel cuore e hanno lasciato un solco profondo!
Un angolo di paradiso dove mi sento viva e libera. Sono stata letteralmente contagiata dall’accoglienza degli isolani e del senso di pace che questi luoghi solitari mi hanno trasmesso, come se fossi parte di quei paesaggi da sempre!
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Cosa troverai in questo articolo
The Italian Chapel – la storia della chiesetta degli italiani
Nell’ottobre del 1939 il sottomarino U-47 della Kriegsmarine nazista, guidato dal giovane ufficiale Gunther Prien, sotto il comando dall’ammiraglio Dönitz, dopo essersi infilato nella baia di Scapa Flow, attaccò la nave ammiraglia HMS Oak della Royal Navy affondandola in pochi minuti.
Scapa Flow era la base navale britannica più importante, ma dopo questo attacco non sembrava più così sicura. Era di fondamentale importanza impedire che un simile fatto potesse ripetersi: l’approdo orientale a Scapa Flow andava bloccato ad ogni costo.
Dopo il fatto, fu proprio Winston Churchill a valutare se gli stretti a est della baia, potessero essere chiusi e così gli venne in mente di realizzare le Churchill barriers – quattro sbarramenti anti-sommergibile tutt’oggi visibili e che richiamano visitatori da ogni parte del mondo.
The italian Chapel, è tutto ciò che resta del campo 60, nel quale, durante la II guerra mondiale, Churchill, spedì migliaia di soldati italiani catturati in Libia tra il 1940 e il 1941. Questi prigionieri affiancarono la Balfour-Beatty, già presente in loco.
Erano stati predisposti 2 campi di prigionia: il Campo 34 sull’isola di Burray e il Campo 60 a Lamb Holm, perchè per costruire queste barriere serviva tanta forza lavoro.
Il 7 agosto 1943 venne inaugurato di fronte alla Cappella italiana, il monumento ai prigionieri di guerra italiani, con una scultura raffigurante San Giorgio che trafigge il drago, realizzata con uno scheletro di filo spinato ricoperto di cemento da Domenico Chiocchetti. L’opera simboleggiava il trionfo della pace e la sconfitta delle guerre.
Puoi vederla ancora oggi, si trova a pochi metri da The Italian Chapel.

I prigionieri del campo 60
Inutile dire che nei campi di prigionia la vita era dura, il lavoro massacrante e il clima inclemente. I venti sferzano forti da queste parti e tagliano la faccia, i punti di riparo sono nulli e si è soli, contro l’infuriare della natura.
Questa situazione portò persino ad un esposto formale, diretto al maggiore Yates. I prigionieri sostenevano che costruire queste barriere a protezione della flotta britannica, andasse contro la convenzione di Ginevra.
Churchill per mettere fine a tutto questo polverone, sostenne che non si trattava di barriere belliche, ma solo di strade rialzate progettate per collegare le isole del sud con il Mainland. Nonostante il malcontento, con il tempo la situazione migliorò.
Un centinaio di italiani alloggiavano al “Campo 60” sull’isola Lamb Holm. Nel 1943 con l’arrivo di padre Gioacchino Giacobazzi, cappellano militare catturato in Nordafrica, nacque l’esigenza di realizzare un luogo di culto, che venne completato nell’immediato dopoguerra.
Il maggiore Thomas Pyres Buckland, nuovo comandante del Campo non si oppese, anzi aiutò i prigionieri a realizzarlo e diede loro il permesso affinchè usassero due baracche Nissen per creare la chiesa. I prigionieri lavorarono senza sosta per unire le baracche in un unico edificio.
Nel loro tempo libero i detenuti del campo 60 lavoravano alla costruzione di questa cappella, messaggio di pace per il mondo intero, usando solo rottami, scarti e un pò di cemento. La chiesetta venne realizzata tra il 1943 e il 1945 e tutti contribuirono come poterono.
Fu così che presero vita croci, candelieri, lampade e lucernari in ferro battuto, che ancora oggi si trovano all’interno della cappella Italiana.

La realizzazione della cappella italiana
Vennero gettate le fondamenta e le pareti interne vennero rivestire con del legno. Per ricoprire il legno usarono dei pannelli di gesso che Domenico decorò con l’aiuto dell’amico Giovanni Pennisi, l’artista del campo 34, venuto appositamente qui. Il risultato fu un vero e proprio capolavoro e i due riuscirono a creare l’effetto di una vera navata di mattoni.
Le opere principali si devono a Domenico Chiocchetti e Giuseppe Palumbi, abile fabbro autore della cancellata e del cuore inciso a terra.
Domenico usando solamente dell’argilla, un calco in gesso e del cemento creò un altare, che venne dipinto di bianco e posto su un piano rialzato. Realizzò inoltre l’affresco che si trova ancora sopra l’altare e che incanta ancora oggi tutti i visitatori della Italian Chapel: la Madonna con il Bambino.
Per realizzarlo si ispirandò al dipinto di Nicolò Barabino, di cui conservava un’immagine sacra avuta in dona dalla madre prima di lasciare il suo paese.
Domenico aggiunse dei dettagli originali come i sei angeli uniti fra loro da una pergamena, con la scritta: “Regina pacis ora pro nobis”. L’angelo di sinistra regge lo stemma araldico di Moena, mentre l’altro ripone la spada nel fodero.
Sulle finestre ai lati dell’altare Chiocchetti ritrasse le figure di San Francesco d’Assisi e Caterina da Siena, entrambi rivolti verso la Madonna col bambino, incorniciati da decori “trompe l’oeil” che danno l’impressione di vere nicchie scavate nella parete che invece è piana.
Al centro del soffitto dipinse una splendida colomba bianca circondata da un cielo stellato e i simboli dei quattro evangelisti.



The Italian Chapel – cosa ti aspetta al suo interno
La cappella venne costruita utilizzando gli scarsi materiali a disposizione dei prigionieri. Unirono due baracche Nissen l’una all’altra. Ricoprirono di cartongesso l’interno ondulato e l’altare e realizzarono la ringhiera con del calcestruzzo proveniente dal cantiere delle Churchill Barriers.
La facciata, che nasconde la forma della baracca è in cemento e fa apparire l’edificio come una chiesa tradizionale.
Domenico Chiocchetti rimase sull’isola anche dopo la fine della guerra, per completare il presbiterio ottenendo un permesso speciale.
Alla sinistra dell’altare è raffigurato un angelo che tiene in mano lo stemma comunale di Moena: una barca che, uscendo da una tempesta, procede verso il sereno.
Giusppe Palumbi, abile artigiano del ferro, eseguì in soli quattro mesi l’imponente cancellata divisoria dell’abside, in ferro battuto. Realizzarono le lampade del soffitto con barattoli di carne di manzo in scatola. Ottennero la fonte battesimale da una carcassa di automobile, rivestita da uno strato di cemento.
Basandosi su un disegno di Domenico Chiocchetti, Giuseppe forgiò una cancellata di straordinaria bellezza, lavorando giorno e notte.
Completato l’interno della chiesetta italiana, bisognava fare qualcosa per l’esterno, che era rimasta un’asettica baracca Nissen. Di questo si occupò il tagliapietre Buttapasta che per i suoi lavori si basò su un disegno di Giovanni Pennisi.
Vennero aperte due finestre ai lati dell’ingresso e aggiunti due contrafforti per irrobustire la struttura e alcune finiture decorative. Sopra la porta venne collocato un timpano con un bassorilievo della testa di Cristo, realizzato in cemento da Pennisi.
Molte parti vennero dipinte di rosso, perché risaltassero sul bianco della facciata e fu aggiunto un piccolo campanile.





Italian Chapel e la storia del cuore di ferro
C’è un cuore impresso nel pavimento della cappella sotto al cancello in ferro. La storia narra che Palumbi s’innamorò di una ragazza dell’isola, Barbara. I compagni di prigionia, raccontano che Giuseppe la conobbe durante uno dei suoi viaggi sul Mainland, dove prelevava il ferro e il carbone dalle navi per forgiare il cancello.
Barbara aveva 20 anni e suonava il piano; lui conosceva l’inglese e portava sempre con sé un banjo. La storia finì con la conclusione della II guerra mondiale, quando Palumbi tornò in Italia dalla sua famiglia.
Prima però portò a termine il suo cancello in ferro battuto e lo mostrò alla donna. Davanti alle porte le disse di non guardare in alto verso gli affreschi, ma in basso dove le ringhiere si univano dentro a un piccolo cuore. Fu un ultimo regalo, un messaggio: “il mio cuore resta qui“.
The Italian Chapel non rappresenta solo un legame indissolubile tra l’Italia e le Orcadi, ma è un messaggio di amore, speranza, di affetto indissolubile. E’ stato davvero emozionante visitare questo luogo e immaginare tutte le vite che ha toccato.
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The Italian Chapel dopo la guerra
Fra i prigionieri del campo 60 c’era Domenico Chiocchetti, un uomo di Moena a cui la guerra non tolse mai la passione per l’arte. Proprio grazie al suo estro creativo non patì il freddo e poteè lavorare al chiuso, realizzando vari lavori, incluse le scenografie per il teatrino dei prigionieri, allestito nella sala mensa.
Nel 1958 un gruppo di isolani costituì un comitato per il restauro della cappella, che suscitò l’interesse anche della BBC. Padre Whitaker, si occupò di salvare the Italian Chapel. Bisognava però rintracciare l’autore degli affreschi per rinfrescarli, ma nessuno sapeva molto di quell’artista tornato in Italia ormai da 15 anni.
Grazie all’appello radiofonico della BBC, nel 1960 Domenico Chiocchetti tornò sull’isola per tre settimane per assistere e contribuire personalmente al restauro della cappella.
Al termine dei lavori venne celebrata una messa solenne a cui parteciparono i cittadini orcadiani di ogni confessione religiosa. L’anno successivo la città di Moena donò il Cristo crocifisso intagliato nel legno, in seguito posto al lato della cappella.

Il ritorno alle Isole Orcadi
Chiocchetti ritornò di nuovo alle Orcadi nel 1964 con la moglie Maria, portando in dono le 14 stazioni della via crucis ancora appese ai lati della navata. Chiocchetti ritornò anche nel 1970 con i due figli maggiori, che sognavano da tempo di vedere quell’isola di cui il padre aveva sempre parlato.
A causa di una malattia Domenico dovette rinunciare al viaggio organizzato dagli altri ex prigionieri nel 1992, per commemorare il 50° anniversario del loro arrivo sull’isola.
Chiocchetti amava le Orcadi, così come i suoi abitanti e in diverse occasioni parlò con affetto della loro meravigliosa ospitalità. Dopo la sua morte, la sua famiglia tornò sull’isola per assistere ad una messa da requiem celebrata in suo ricordo.
Nel 2014 in occasione del 70º anniversario della realizzazione della cappella, Papa Francesco ha inviato una speciale benedizione e alla messa speciale ha partecipato Angela Chiocchetti, figlia di Domenico. Eravamo lì quello stesso anno, ma purtroppo le date non hanno coinciso e non abbimo potuto assitere a questo evento così denso di emozioni.
Palumbi invece non conobbe mai le sorti della chiesetta italiana e morì nel 1980, col sogno di poter rivedere l’isola di Lamb Holm.
Domenico Chiocchetti ormai non c’è più, ma la cappella italiana necessita ancora di essere manutentata e restaurata. A quanto pare dal 2015 se ne occupa Antonella Papa, una grande esperta in restauri.
La Cappella italiana si trova in luogo unico e sembra uscire da un dipinto. Isolata, piccola ma imponente e affacciata sulla baia. Ha suscitato in me sentimenti intensi e contrastanti!


Le Churchill Barriers
Abbiamo continuato a guidare a sud per esplorare le restanti barriere e godere di questo scenario tanto suggestivo quanto incredibile.
Le vecchie navi affiorano nel mare al fianco di queste spettacolari strade rialzate. Se ne stanno lì come giganti di ferro assopiti a ricordare il tempo passato, immutabili.
I blocchi sono affondati per impedire alle navi tedesche di entrare a Scapa Flow. I resti arruginiti di queste navi da guerra sono più intatti di quanto si possa immaginare e confesso che l’impressione è fortissima quando per la prima volta le vedi apparire davanti ai tuoi occhi.
Le Churchill barriers, nate da un conflitto, ora sono un legame vitale tra le comunità insulari. Queste straordinarie strutture sono diventate iconiche quanto molti dei punti di riferimento più antichi delle isole Orcadi.
L’affondamento del HMS Royal Oak e la morte di 834 persone, ha messo in moto i piani per costruire queste quattro barriere, che sono ancora qui a ricordare ogni cosa. Questo disastro ha spinto il primo ministro Winston Churchill, a ordinare la costruzione delle barriere.
I lavori sulle barriere iniziarono nel maggio 1940 e terminarono quattro anni dopo. Gran parte del lavoro è stato eseguito da prigionieri di guerra italiani, detenuti sull’isola di Lamb Holm.
Aperte ufficialmente nel maggio del 1945, le Churchill barriere ora collegano il Mainland delle Orcadi con le isole di Lamb Holm, Glasps Holm, Burray e South Ronaldsay. Percorrerle è un affascinante viaggio su strada durante il quale puoi ancora vedere i relitti dei blocchi precedentemente utilizzati per bloccare i canali di accesso a Scape Flow.
Lungo la strada ci sono bellissime spiagge e da queste parti è possibile fare immersioni, snorkeling e meravigliose viste ti aspettano.

Come raggiungere le Isole Orcadi con un tour organizzato
In questo articolo trovi tutte le informazioni su come raggiungere le Isole Orcadi in autonomia. Se però preferisci un tour organizzato che ti accompagni alla scoperta dei loro segreti ecco qualche informazione che potrebbe esserti utile:
Tour di 1 giorno da John O’Groat: un viaggio che ti porterà alla scoperta delle Churchill barriers, della cittadina di Kirkwall, la Cattedrale di St Magnus, il piccolo museo e il pittoresco porto. In seguito Scapa Flow e le colline di Hoy. Arrivo a Stromness e visita della città. Successivamente Skara Brae, i laghi di Harray e Stenness, Ring of Brodgar e le Standing Stones of Stenness. Prima di rientrare sosta alla Cappella Italiana e ritorno. Se hai poco tempo è un modo carino per fare un assaggio della magia delle Orcadi.
Crociera lungo la costa da John O’Groat: Attraverserai il Pentland Firth, passa accanto al faro di Duncansby Head. Osserva le scogliere alte circa 60 metri popolate da tanti uccelli marini e sorprenditi davanti ai faraglioni di Duncansby Stacks. Goditi il panorama dell’isola disabitata di Stroma e le colonie di foche grigie dell’Atlantico. Tra giungo e luglio tante pulcinelle di mare e con un po’ di fortuna, forse potrai vedere alcune balene.
Tour di 5 giorni Orcadi e costa settentrionale con partenza da Edimburgo: il castello di Stirling e al monumento a Wallace, Doune castle, Callander, Loch Lubnaig e Loch Earn, le valli di Glen Ogle e Glen Dochart e la selvaggia distesa di Rannoch Moor. Si Continua verso Loch Ness e la città di Inverness per ripartire il giorno successivo. I dettagli di tutte le tappe sono disponibili al link qui sopra.
N.B. Tutte le foto sono di proprietà di Ale Carini e di Ivan Balducci ©2017-2023. Vietato ogni uso.
Per approfondimenti suggerisco il libro di Philip Paris “la chiesetta della pace – Storia dei prigionieri italiani nelle Orcadi” da cui ho tratto diverse informazioni per aggiornare questo articolo e rileggere ciò che è avvenuto con altri occhi. E’ un libro scritto con molta cura e tanta ricerca.
Grazie all’articolo su Orkneyology per le tante e dettagliate informazioni, che mi hanno permesso di approfondire
41 comments
Che meraviglia ! la Scozia ci manca chissà magari in autunno faremo un giretto da quelle parti!!
Siamo tornati da appena 6 mesi e già manca tanto anche a noi! ! Se andrete vi seguirò nella vostra avventura ovviamente! La rivedrò attraverso i vostri occhi ??
Mentre leggevo pensavo: “oddio ma che posto particolare e ricco di significato, chissá che emozione” e infatti lo confermi alla fine del post. Non ne sapevo nulla ed é molto affascinante e in qualche maniera credo sia anche gratificante visitarlo!
Si è stato davvero molto suggestivo!
L’ha ribloggato su l'eta' della innocenzae ha commentato:
ci sono stato
Grazie ???
Ho visto la foto su Instagram ma non conoscevo la storia, davvero bella e anche struggente direi. Per alcuni versi mi ha un po’ ricordato il film “mediteranneo”, anche se le ambientazioni sono praticamente opposte 🙂
Ciao Giulia, si quando ho scoperto la storia di questo luogo anche a me aveva ricordato un film visto in passato … ma non mi veniva in mente quale, grazie penso proprio che fosse questo!
verissimo, ci ho pensato anche io!
L’ho visitata sai la cappella!!! Luogo molto toccante…non sapevo tanti degli aneddoti che hai raccontato, però, molto avvincenti!
Ciao Elisa! Sei stata alle Orcadi?? Allora puoi capire perché me ne sono innamorata! Grazie ?
Non sapevo di questo campo di prigionia…mio nonno è stato per 7 anni prigioniero in Africa, ma mi diceva sempre di essere stato fortunato al esser stato preso dagli Inglesi..chissà quanti ce ne sono di posti come questi che non conosciamo!
ciao Elena, hai assolutamente ragione .. anche mio nonno mi ha parlato spesso della guerra, è nato a cavallo tra la I e la II guerra mondiale. E’ anche in sua che mi sono appassionata a questo genere di storie 🙂
Non conoscevo questo posto e tutta la storia che c’è dietro. Molte volte non si conosce bene la storia dei nostri prigionieri italiani ed è sempre interessante scoprirne di più. In questo caso poi anche se prigionieri, hanno lasciato un bel messaggio di pace e amore che merita di essere condiviso
Ciao Monica, hai ragione spesso non conosciamo le storie racchiuse dietro i luoghi che andiamo a visitare ed è un peccato! È sempre bene saperne di più.
Una storia davvero commovente, grazie di averla raccontata. Quando sono andata in Scozia non ho poturo visitare le Orcadi e ora mi pento amaramente ❤
Ciao Francesca! Alle Orcadi ho lasciato il ❤ appena scesa dal traghetto mi si sono riempiti gli occhi di una tale bellezza che non trovo mai le giuste parole, per riuscire a descriverla !
Non conoscevo questa storia, grazie per avercela raccontata. La storia va raccontata e mai dimenticata.
Grazie Silvia , hai ragione approfondire e conoscere è sempre bello oltre che ci arricchisce molto.
Che bella questa cappella, sembra proprio sbucare dal nulla così immersa nei prati
Si, in effetti si erge solitaria ed imponente in questa location da sogno ?
Che storia struggente. Comunque la cappella è bellissima e la location spettacolare
assolutamente si 🙂 è stato molto emezionante trovarsi qui, immersi nella storia!
Una storia davvero affascinante in un posto dai colori incredibili. Questa Scozia inizia davvero ad incuriosirmi sempre di più!
Ciao Raf!! Mi fa un immenso piacere essere riuscita ad incuriosirti
Articolo super interessante, è una parte di storia che non conoscevo per niente e considerato quanto mio figlio è appassionato di storia, sarà un buon filo conduttore per un futuro viaggio in Scozia!
Grazie mille! Davvero? Anche tuo figlio è appassionato di storia … bellissima
Che bella questa chiesetta! Avevo visto un documentario che ne raccontavo, ma l’avevo quasi del tutto dimenticato. Leggere il tuo post mi ha riportato tutto alla mente e mi è piaciuto moltissimo. Grazie.
Grazie a te di essere passata a trovarci! Ricordi il nome del documentario per caso? Lo vedrei con piacere !
No, ma era sicuramente sulla piattaforma Sky.
Grazie .. proverò a cercare ?
Che storia struggente e affascinante allo stesso tempo!
? è vero !
Meravigliosa questa cappella. E meravigliosa la sua storia. E’ incredibile come da materiali di scarto possa nascere una cosa così bella.
Non la conoscevo, e ti ringrazio per avercene parlato.
Ciao Jessica, grazie mille! E’ vero questa cappella diventa ancora più affascinante quando ne si conosce la storia!
Leggere questo articolo mi ha messo una nostalgia delle Orcadi e della Scozia in generale incredibile… mi ricordo quando la guida ci ha raccontato la storia dell’Italian Chapel, così piena di romanticismo! Che luoghi meravigliosi!
ciao Eleonara, si la Scozia fa anche a me questo effetto, fin troppo spesso direi … la storia di questa cappella è davvero un messaggi di speranza e amore per tutti !
Mi sta venendo sempre più voglia di visitare la Scozia, i tuoi post sono sempre super interessanti <3
Grazie Silvia!! Apprezzo moltissimo ???
La cappella è davvero interessante per la sua decorazione così viva e piena di colore, mi ha fatto venire in mente il film Mediterraneo, dove anche lì i soldati italiani si erano dedicati a decorare una chiesetta locale
È vero Paola, anche quel film ha presentato una storia molto toccante! Amo questi colori, carichi di emozioni