Il cimitero delle mummie si trova all’interno della Chiesa dei Morti di Urbania, che è uno dei luoghi più misteriosi delle Marche da visitare almeno una volta.
Quello che vedrai al cimitero delle mummie è il risultato di un processo di mummificazione naturale, avvenuta senza l’intervento dell’uomo: 15 corpi identici a come sono stati ritrovati sotto terra nel 1804, più 3 mummie che hanno una storia un po’ diversa, che ti racconterò nel dettaglio.
Siamo rimasti impressionati dalla particolarità di questo luogo, che per certi versi mette un pò i brividi ed i racconti della nostra guida hanno reso il tutto ancora più interessante, facendoci entrare nei dettagli di un’epoca passata, vite e un pizzico di storia.
Persino Totò venne qui negli anni ’60 per girare alcune scene del film “La Mandragola” tratto dall’omonima commedia di Macchiavelli. La pellicola fu girata a Urbino, Urbania e Viterbo ma, ambientata nella Firenze del 1500.
Fu molto difficile far entrare Totò nel cimitero delle mummie, perchè era molto superstizioso e temeva fosse di cattivo auspicio. Avevano ingaggiato anche una controfigura nel caso l’attore si fosse defilato e non se la fosse sentita di entrare qui al buio e parlare a delle mummie vere.
Cosa troverai in questo articolo
La Chiesa dei Morti di Urbania
La Chiesa dei Morti fino al 1836 era chiamata Cappella Cola perché Cola di Cecco e sua moglie Antonia di Filippuccio, che vivevano vicino al Convento di San Francesco, eressero qui un oratorio nel 1380.
I coniugi lasciano la cappella alla Compagnia della Misericordia, che affidò ai francescani l’ufficiatura. Dopo diversi passaggi di mano, la gestione della Cappella nel 1816 venne trasferita alla Compagnia della Morte che nel 1831 iniziò a realizzare dietro l’altare maggiore il Cimitero delle Mummie.
Il portale esterno in pietra rosata è in stile romanico-gotico con colonne tortili con capitelli e foglie di acanto e adorno di rilievi vegetali. Una parete divide l’interno della Chiesa dei Morti di Urbania in due parti. Sopra l’altare maggiore si trova il dipinto della Decollazione di San Giovanni Battista del 1560, attribuito a Giustino Episcopi.
Sulle pareti laterali le tele del Martirio di Santa Lucia di Giorgio Picchi e la Madonna della cintura di Palma il giovane. Nella sagrestia altri affreschi, tele e cimeli, fra cui il drappo nero della Compagnia della Buona Morte.
Un tempo le persone arrivavano qui per venerare il grande Crocefisso che oggi si trova nella Cattedrale. In questa cappella seppellirono i corpi, mai più ritrovati, del Beato Giovanni Pili da Fano e le spoglie della serva di Dio Benedetta Lazzarini della Carda, alla cui tomba sono attribuiti molti miracoli.
All’interno se guardi bene le mura, vedrai delle tracce di affreschi quattrocenteschi e nella sagrestia un grande affresco di Giorgio Picchi raffigura la Vergine col Bambino, San Francesco D’Assisi e anime purganti.
A seguito dell’editto Napoleonico di Saint-Cloud del 1804 rinvennero nei pressi del cimitero della chiesa 18 corpi mummificati, che dal 1833 sono esposti dietro l’altare.
Alla sistemazione dei corpi provvide la Confraternita della Buona Morte, i cui cimeli sono ancora appesi alle pareti.
La confraternita della Buona Morte
La storia di questo singolare luogo inizia nel lontano 1567, quando a Casteldurante (l’antico nome di Urbania), venne istituita la Compagnia della Morte o Confraternita della Buona Morte, sancita nel 1571 dal Cardinale Giulio Feltrio della Rovere, fratello del Duca Guidobaldo II.
Sotto il patronato di S. Giovanni Decollato (qui raffigurato in un quadro opera di un pittore locale) 120 fra laici e religiosi promulgarono – assieme al cardinale Giulio Feltro della Rovere – lo statuto della confraternita, composto da ben 31 capitoli.
La confraternita teneva un registro (che oggi si trova al museo Leonardi) dove riportavano nome, cognome, data di nascita, causa e data della morte; per questo motivo sappiamo chi erano alcune di queste persone.
Sul muro si vede ancora appeso lo stendardo della confraternita che presenta alcuni simboli interressanti: la Morte con la falce che taglia la vita e nelle mani la clessidra con le ali a simboleggiare il tempo che scorre. In fondo le fiaccole rovesciate che indicano la morte.
La storia di Vincenzo Piccini e della sua famiglia
La mummia centrale, appartiene a un’epoca più moderna rispetto altre mummie ed è Vincenzo Piccini, il capo della confraternita che era un medico farmacista. Aggiunsero il vestito che indossa oggi, successivamente, così come il cappuccio per mostrare come apparivano i membri della confraternita.
Vincenzo fu presente alla riesumazione di tutti gli altri corpi avvenuta nel 1804. Con l’editto di Saint Cloud, Napoleone sancì che nelle zone calde del Mediterraneo, i cimiteri dovevano essere posti fuori dalle mura del paese per questioni di igiene; ricordiamoci che c’era la peste in quel periodo.
In seguito all’editto Napoleonico hanno aperto le tombe del cimitero che rimaneva nel retro della piccola chiesa chiamata Cappella Cola, a fianco del convento e della chiesa di San Francesco.
Anticamente nel portone di fianco c’erano i frati e il paese finiva nella strettoia dove si vede il Palazzo Ducale. Una volta qui c’era la porta di chiusura e non si poteva entrare liberamente, bisognava bussare e quando le guardie aprivano, per entrare si pagava un fiorino.
Ecco perché chiamavano questo ponte, il ponte del riscatto, perché se non pagavi non entravi. Hai già visto le nostre storie in evidenza su Instagram?
Quando hanno aperto le tombe del vecchio cimitero e Piccini vide comparire i corpi intatti da sottoterra, si domandò subito come fosse possibile. Lui pensò che i corpi fossero stati trattati come le mummie egizie così, preparò una sostanza per trattare sia lui che la sua famiglia dopo la morte.
Tra le mummie ci sono infatti anche la moglie, Maddalena Gatti, che soffriva di rachitismo, morta nel 1834; Vincenzo morto nel 1836 e il figlio Guido, morto diversi anni dopo il padre. I loro 3 corpi sono gli unici trattati con una sostanza, tutti gli altri si sono mumificati naturalmente.
Seppelirono Vincenzo e la sua famiglia nel nuovo cimitero però il farmacista non aveva capito una cosa fondamentale, ossia che il terreno di sepoltura era diverso dall’altro cimitero ed è per questo che i loro 3 corpi non sono come gli altri ma più chiari, più scheletrici e meno mantenuti.
Come è avvenuto il processo di mummificazione?
Ma come è avvenuto il processo di mummificazione degli altri 15 corpi ritrovati? Anticamente seppellivano le persone nude senza abiti e senza bara, avvolte solo in un sudario e messe nel terreno.
Dopo analisi e studi approfonditi si è venuto a sapere che questi corpi si sono mantenuti per una muffa che si trovava nel terreno, un fungo noto come hipha bombicina pers.
La muffa presente nel terreno avvolgeva i corpi e gli faceva da antibiotico, bloccando il processo di decomposizione. Il terreno calcareo, aveva delle alghe che hanno essiccato i corpi, togliendo i liquidi e mantenendoli intatti per secoli.
Tuttavia la teoria della muffa pare sia stata smentita dagli studi più recenti di Arthur Aufderheide e Gino Fornaciari, secondo i quali la causa della mummificazione risiede in una particolare combinazione di fattori climatici e ambientali.
Il ph elevato dovuto alla natura calcarea del terreno di sepoltura, insieme all’effetto assorbente dell’involucro di tela all’interno del quale avvolsero i morti, avrebbero impedito la decomposizione e favorito la disidratazione dei corpi. Secondo loro la muffa non centra nulla in questo processo.
Quando la mummificazione è frutto di un processo artificiale, il corpo è trattato e svuotato di tutte le parti molli interne. Nel caso di Urbania invece questa incredibile combinazione di elementi naturali ha restituito dei corpi intatti. (per approfondire questa notizia – fonte)
Le mummie hanno tutte gli organi, sono secche e inodore e sono esposte all’interno della Chiesa dei Morti di Urbania dal 1804 senza nessun tipo di trattamento.
Adesso c’è una teca di vetro, aperta ai lati per permettere il ricircolo d’aria messa per impedire alla persone di toccare e rovinare le mummie con gli acidi del ph della pelle e col sudore.
Il cimitero delle mummie di Urbania: chi erano queste persone?
Molti studiosi hanno visitato questo luogo, dagli studiosi National Geographic, agli antropologi dell’Università di Pisa e dell’Università di Innsbruck. Negli anni le mummie della Chiesa dei morti, hanno attirato un numero sempre maggiore di visitatori ed esperti.
Molti teschi che si vedono in alto, posizionati sopra le teche sono completamente intatti. Hanno ancora l’orecchio, la pelle, gli occhi essiccati (c’è la palpebra chiusa) e i denti.
Vedrai il corpo di una donna poliomelitica, morta in modo naturale a cui manca la parte sinistra. Gli studiosi del National Geographic hanno messo un frammento di braccio maschile per farlo vedere al pubblico e non mostrare un corpo mancante di una parte.
Tra le mummie anche una donna morta di parto cesareo, dove si vede chiaramente un taglio enorme a forma di croce sul torace, fatto solo per salvare il bambino.
La donna non ebbe speranze, senza antibiotici, con scarsa igiene e dopo aver contratto un’infezione. Purtroppo morì anche il bambino e prima qui vicino c’era il feto, che sfortunatamente è stato rubato; impossibile da credere ma è andata così!
Vedrai poi una donna che aveva una lussazione dell’anca; avvicinandoti alla teca vedrai ancora il tessuto essiccato e la colonna vertebrale.
C’è anche una giovane donna rachitica, facilmente identificabile per via della forma dello sterno. Chi non mangiava e non prendeva la vitamina D, come l’olio di fegato di merluzzo, aveva le ossa dello sterno all’infuori (come accadde nei campi di concentramento o in Africa). Gli studiosi l’hanno chiamato sterno carenato.
Questa mummia ha il pube intatto, che è un’incredibile particolarità. Quando noi moriamo infatti l’occhio, l’orecchio, la punta del naso, le labbra, il seno, il pube, le parti interne e quelle molli sono le prime a decomporsi perché composte per lo più di acqua.
Il seploto vivo, il prete e l’umanista
Tra le mummie alla Chiesa dei morti di Urbania c’è anche un sepolto vivo, seppellito troppo in fretta per paura della peste; un caso di morte apparente o catalessi. Il National Geographic ha fatto il foro che si vede nella mummia, per inserire una sonda con telecamera e studiarlo, trovando terra nei polmoni.
Ha il diaframma schiacciato, è in punta di piedi e ha i muscoli tirati; si vedono ancora i capillari rotti e il sangue e ha la pelle d’oca nella gamba.
Prima la pelle d’oca si vedeva anche nel torace ma purtroppo, dopo che molte persone hanno toccato la mummia con le mani, la pelle è diventata scura e in quel punto non si vede più. Impresso sul suo viso, il ghigno sardonico del terrore che ha avuto nell’attimo prima di morire quando provò a respirare.
Il prete Mariano Muscinelli che mangiava molta carne rossa, cacciagione e vino. Gli studi eseguiti su questa mummia hanno evidenziato gotta e colesterolo come possibili cause della morte. Altri morti per lo stesso motivo probabilmente sono stati il compositore Rossini, ottimo cuoco e buongustaio, il re di Francia e quello d’Inghilterra.
Al cimitero delle mummie è presente anche Sebastiano Macci, umanista vissuto alla corte del duca di Urbino, produttore di opere classiche latine.
Sebastiano ha tradotto dal latino all’italiano la famosa battaglia del Metauro; che narra le guerre puniche tra romani e cartaginesi. Asdrubale e suo fratello Annibale si sono scontrati prima a Monte Felcino e successivamente a Fossombrone.
La mummia di Sabastiano ha la mano ancora intatta e si vedono tutti i muscoli, i tendini, le dita e le parti genitali.
Il fornaio, l’uomo schiacciato da un carro e tutti gli altri
Tra le mummie vi è anche un uomo ucciso ad una veglia, durante una serata da ballo con uno stiletto. Si vede ancora il foro della pugnalata. Persino il professor Pietro Valdoni che si trovava ad Urbino per un convegno si interessò a questa mummia.
Valdoni era il cardiochirurgo del Papa e operò Togliatti dopo la guerra e così chiese al Papa il permesso per fare un’autopsia a questa mummia e durante la procedura trovò il cuore intatto; la nostra guida poi ce lo ha mostrato alla fine della visita.
C’è un uomo dal torace piccolino e mal nutrito e anche la mummia del fornaio dei frati, tale Baldelli detto lunano. Tra le mummie anche un giovane affetto dalla sindrome di down. Il labbro superiore, il naso e l’orecchio ancora intatti e l’occhio essiccato.
La Chiesa anticamente considerava i down come figli del demonio e non li seppellivano all’interno dei terreni consacrati, quindi con questo sventurato qualcuno fece un po’ di confusione o ne ebbe compassione.
Nelle famiglie signorili nascevano spesso figli con sindrome di down perché si sposavano tra cugini per espandere o tenere il possesso dei territori. Per la vergogna questi figli venivano rinchiusi nelle torri o all’interno delle loro stanze finché non morivano.
Tra le mummie c’e anche un uomo che morì a causa di un tumore ai polmoni, col torace aperto. Gli antropologi dell’università di Pisa hanno prelevato un frammento di tessuto polmonare per studiarlo e l’esame istologico ha evidenziato che morì per questa malattia al tempo sconosciuta.
Scondo gli esperti non è strano aver trovato un caso di tumore ai polmoni, visto che le persone lavoravano il ferro e il carbone, vivevano con gli animali e respiravano il fumo dei camini che non avevano la cappa.
Infine un giovane che non camminava e andava avanti a gattoni, con braccia lunghissime che morì schiacciato da un carro; spalla schiacciata e mandibola rotta.
Il Lampadario fatto di ossa
Prima di lasciare la stanza, alza lo sguardo e soffermati sul lampadario, realizzato da un patologo austriaco durante la I guerra mondiale. All’interno ci sono teschi, omeri, femori e tibie.
Le palline tonde sono le rotule che il medico tagliò col seghetto, una cosa un po’ macabra. Le ossa incrociate più piccole sono le ossa delle braccia.
Guarda bene la prima foto qui sopra, in controluce si vede il cuore estratto durante l’autopsia all’uomo accoltellato.
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La Chiesa dei morti informazioni per la visita
La Chiesa dei morti di Urbania, si trova in provincia di Pesaro-Urbino, all’interno di un borgo di 7.000 abitanti che domina la valle del fiume Metauro e che nasconde tanto da scoprire.
Il cimitero delle mummie e la chiesa dei morti di Urbania sono aperti al pubblico per visite guidate tutti i giorni:
- Martedì – Venerdì dalle 11:30 alle 16:30
- Sabato, Domenica e Festivi solo su prenotazione entro il giorno il prima
- chiusa il lunedì, 2 novembre, 25 dicembre e 1 gennaio
Il costo del biglietto è di 3 euro. Per informazioni e prenotazioni contatta l’Ufficio del Turismo di Urbania.
Visita anche la nostra sezione Marche, se cerchi ispirazione per organizzare il tuo viaggio, trovi tanti aricoli e curiosità.
Come raggiungere la Chiesa dei morti di Urbania
Puoi raggiungere Urbania in auto sia da Nord che da Sud Italia, percorrendo la A14 (Bologna – Canosa). Venendo da Nord puoi uscire al casello di Pesaro, continuare poi in direzione Urbino, proseguire per Fermignano e arrivare ad Urbania.
Venendo da Sud conviene uscire al casello di Fano. Una volta uscito dall’autostrada continua in direzione Roma poi prosegui per Urbino. Alla prima rotonda, prendi la seconda uscita (direzione Fermignano) e segui le indicazioni per Urbania. In macchina da Ancona noi abbiamo impiegato circa 1 ora e 30 minuti.
Spostandoti con i mezzi pubblici, non c’è un collegamento diretto per Urbania. Dovrai fare un mix di treno e autobus o di treno e taxi. In treno le stazioni più vicine sulla tratta adriatica, sono Pesaro e Fano. Se arrivi da Roma – Perugia, la stazione più vicina è Fossato di Vico; tutte le informazioni sul Trenitalia.
Una volta arrivato ad una di queste stazioni dovrai prendere un autobus che ti porti fino a Urbania. A questi link trovi informazioni su tratte ed orari su Fano-Urbania e Pesaro-Urbania.
Da Roma c’è un autobus diretto per Urbino, che parte dalla stazione di Roma Tiburtina. Da Urbino poi dovrai prendere un altro bus per Urbania.